venerdì 7 marzo 2014

Scusi è suo babbo?



“Scusi, è suo babbo?”
“No”
“ E allora perché gli fa una fotografia?”
“Sono del giornale…” e mi dice il nome
“Abbia pazienza, ma lei è sicura che quel signore voglia essere fotografato?
Mi faccia il favore, niente foto qui dentro”
 (io dico: sei in un seggio dove si sa che le foto non s’hanno da fare
che cavolo ci vuole a chiedermi di fare una foto?
Dico alla gente che c’è una giornalista
che vuol fotografare la scena
e chi non gli va si scansa per un attimo, lei scatta e tutto torna a posto).
E’ mai possibile che uno pensi che l’essere giornalista
dia diritto a fregarsene del rispetto per la gente?
E’ andata così, in mezzo a una giornata bellissima
la votazione  alle primarie per il candidato sindaco della città.  
Un’affluenza così non c’era mai stata ed è stato bello vedere  frotte di persone
che volevano dire la loro  e votavano, felici di poter scegliere.
Una signora ci ha perfino portato una bottiglia di vino
perché c’era la crostata e mangiarla asciutta lei diceva che non va bene
naturalmente è ancora lì tutt’intera,
ma sapere che c’è gente che apprezza quel che facciamo fa bene.
Viene anche il segretario provinciale a salutare tutti i componenti del seggio e
fa piacere che arrivi quel ragazzotto che c’ha un naso che gli nasconde mezza faccia
e due guance che pare abbia smesso ieri di pocciare il latte.
Intendiamoci, non è stato tutto facile,
a volte si è dovuto intervenire con i rappresentanti dei candidati
perché parlavano con gli elettori con un po’ troppa enfasi
ma basta qualche parola detta in confidenza che ci si capisce subito
in fondo siamo dello stesso partito e con una sorriso e una stretta di mano
si mettono a posto una sacco di cose.
“Ho mio marito nella macchina che non può scendere perché sta male
me lo fate votare?”
“Certo signora, prenderemo tutte le precauzioni
affinché suo marito possa votare in totale segretezza”
e dopo che lui ha messo la scheda col suo voto in una busta
per poco non si mette a piangere per ringraziarci.
Arrivano le otto di sera e chiudiamo bottega
anzi, no, irrompe una signora che rantola le ultime parole della sua vita:
“Faccio in tempo?”
Ci guardiamo un po’ tutti e Vitaliano dice:
“Da me mancano trenta secondi”
“E’ sicuro più attendibile il tuo orologio di tutti gli altri messi insieme, facciamola votare”
La  donna prende fiato, vota, ringrazia e va via.
Adesso chiudiamo bottega davvero.
Si contano i votanti dal registro,
io, come sempre li avevo già contati,
finisce la conta e loro ne hanno uno in meno
rifacciamo il mio conto, che si fa prima, e troviamo un errore nella somma
avevo sbagliato ma adesso i conti tornano.
Ora contiamo le schede,
si comincia la conta e ti vedo la cristiana di prima col telefonino
che scatta un’altra foto.
“ Gliel’ho già detto che non voglio che faccia le foto”
“Perché?”
Allora, in un momento come quello in cui c’è il timore che non tornino i conti
e se succede ti tocca stare lì a ricontare due o tre volte tutte le schede,
coi rappresentanti di lista che stanno col fucile spianato per paura che gli freghi un voto
o sbagli a valutare un segno,
ti pare possibile che uno si metta a insegnare l’educazione
a una di una trentina d’anni che se non l’ha imparata a scuola di giornalismo
ormai non l’impara più?
Cosa gli rispondi a una così?
“Perché mi tira il culo e siccome chi comanda qui dentro sono io
o rispetti quel che dico o te ne vai!”
E lei se ne va protestando qualcosa che ne’ io ne’ altri s’è capito.
Tutto finito, i conti tornano, il numero delle schede è perfetto.
Chiudiamo la porta e si va al partito
Arrivo che esce la fotografa, entro nella stanza dei garanti e mi dicono
che domani sarò sul giornale come il più fascista dei presidenti di seggio.
Spiego l’accaduto e manca poco che non mi fanno un applauso.
Esco e vengo qui a scriverlo.
Domenica si replica col ballottaggio,
Si attendono fotografi a frotte, speriamo siano educati.