“Scusi, è suo babbo?”
“No”
“ E allora perché gli fa una
fotografia?”
“Sono del giornale…” e mi
dice il nome
“Abbia pazienza, ma lei è
sicura che quel signore voglia essere fotografato?
Mi faccia il favore, niente
foto qui dentro”
(io dico:
sei in un seggio dove si sa che le foto non s’hanno da fare
che cavolo ci vuole a chiedermi di fare una foto?
Dico alla gente che c’è una giornalista
che vuol fotografare la scena
e chi non gli va si scansa per un attimo, lei scatta e
tutto torna a posto).
E’ mai possibile che uno
pensi che l’essere giornalista
dia diritto a fregarsene del
rispetto per la gente?
E’ andata così, in mezzo a
una giornata bellissima
la votazione alle primarie per il candidato sindaco della
città.
Un’affluenza così non c’era
mai stata ed è stato bello vedere frotte
di persone
che volevano dire la loro e votavano, felici di poter scegliere.
Una signora ci ha perfino
portato una bottiglia di vino
perché c’era la crostata e mangiarla
asciutta lei diceva che non va bene
naturalmente è ancora lì
tutt’intera,
ma sapere che c’è gente che
apprezza quel che facciamo fa bene.
Viene anche il segretario
provinciale a salutare tutti i componenti del seggio e
fa piacere che arrivi quel
ragazzotto che c’ha un naso che gli nasconde mezza faccia
e due guance che pare abbia
smesso ieri di pocciare il latte.
Intendiamoci, non è stato
tutto facile,
a volte si è dovuto
intervenire con i rappresentanti dei candidati
perché parlavano con gli
elettori con un po’ troppa enfasi
ma basta qualche parola detta
in confidenza che ci si capisce subito
in fondo siamo dello stesso
partito e con una sorriso e una stretta di mano
si mettono a posto una sacco
di cose.
“Ho mio marito nella macchina
che non può scendere perché sta male
me lo fate votare?”
“Certo signora, prenderemo
tutte le precauzioni
affinché suo marito possa
votare in totale segretezza”
e dopo che lui ha messo la
scheda col suo voto in una busta
per poco non si mette a
piangere per ringraziarci.
Arrivano le otto di sera e
chiudiamo bottega
anzi, no, irrompe una signora
che rantola le ultime parole della sua vita:
“Faccio in tempo?”
Ci guardiamo un po’ tutti e
Vitaliano dice:
“Da me mancano trenta
secondi”
“E’ sicuro più attendibile il
tuo orologio di tutti gli altri messi insieme, facciamola votare”
La donna prende fiato, vota, ringrazia e va via.
Adesso chiudiamo bottega
davvero.
Si contano i votanti dal
registro,
io, come sempre li avevo già
contati,
finisce la conta e loro ne
hanno uno in meno
rifacciamo il mio conto, che
si fa prima, e troviamo un errore nella somma
avevo sbagliato ma adesso i
conti tornano.
Ora contiamo le schede,
si comincia la conta e ti
vedo la cristiana di prima col telefonino
che scatta un’altra foto.
“ Gliel’ho già detto che non
voglio che faccia le foto”
“Perché?”
Allora, in un momento come
quello in cui c’è il timore che non tornino i conti
e se succede ti tocca stare
lì a ricontare due o tre volte tutte le schede,
coi rappresentanti di lista
che stanno col fucile spianato per paura che gli freghi un voto
o sbagli a valutare un segno,
ti pare possibile che uno si
metta a insegnare l’educazione
a una di una trentina d’anni
che se non l’ha imparata a scuola di giornalismo
ormai non l’impara più?
Cosa gli rispondi a una così?
“Perché mi tira il culo e
siccome chi comanda qui dentro sono io
o rispetti quel che dico o te
ne vai!”
E lei se ne va protestando
qualcosa che ne’ io ne’ altri s’è capito.
Tutto finito, i conti
tornano, il numero delle schede è perfetto.
Chiudiamo la porta e si va al
partito
Arrivo che esce la fotografa,
entro nella stanza dei garanti e mi dicono
che domani sarò sul giornale
come il più fascista dei presidenti di seggio.
Spiego l’accaduto e manca
poco che non mi fanno un applauso.
Esco e vengo qui a scriverlo.
Domenica si replica col
ballottaggio,
Si attendono fotografi a
frotte, speriamo siano educati.