lunedì 25 marzo 2013

Il vecchio di Liegi



Ero nei pressi di Liegi e cercavo una casa
tra i boschi e le balze di quella meravigliosa campagna
all'improvviso un clacson e una Fiat (‘na rarità colà)
che mi sorpassa e frena davanti a me costringendomi a fermare
scende un anziano che muove le labbra che pare che mastichi

come se per parlare la lingua avesse bisogno di una spinta
"Italiano vero?"
"Si" 
”Dove devi andare?" 
Gli faccio vedere l'indirizzo scritto su un foglietto
"Viemmi dietro, ti ci porto io"
Avremo fatto cinque o sei chilometri per stradine tortuose
e alla fine mi ferma davanti a casa della Gessica,
scende di nuovo e mi dice:  
"Quando torni a casa salutami l'Italia,
io ormai non la vedrò più".
Aveva gli occhi lucidi e andandosene
ha dato un colpetto con la punta delle dita
sul cofano della mia macchina,
come per salutare anche quel pezzo di latta che tornava nel suo Paese.
Vorrei fargli sapere che la sua Italia gliel'ho salutata davvero,
ma sono certo che lui lo sa già.

In questo viaggio io mi sono riempito gli occhi con un sacco di cose
che da tempo volevo vedere
ma anche se non avessi visto niente
e fosse stata questa l'unica cosa vissuta
garantisco che ne sarebbe valsa la pena.
E' tutto il giorno che ci penso
e ho il cuore pieno di una profonda e triste felicità.

domenica 17 marzo 2013

Briganti




Briganti lo chiamavano così, solo col cognome,
tanto che il nome non lo ricordo o forse non l’ho mai saputo, 
l’ha trovato in fondo alle scale, una mattina presto, uno che passava per la pioletta,
il vicolo a scalette che dalla Guazza sale al corso,
mezza porta era aperta e lui carponi,
metà sul pianerottolo e metà sul primo scalino fuori dalla porta.
Hanno detto che era infarto ma anche lui è morto perché era uno così
che se fosse stato ricco avrebbero detto che ci ha lasciato.
E’ morto senza saperlo che forse è anche meglio
senza che un dottore gli abbia detto che sta male qui o là
perché dal dottore non ci vai perché tanto sai che ti dice di non bere
perché nessuno di dice di andarci e t’accompagna
perché tanto lui usa parole da dottorI e tu conosci solo quelle dei manovali.
Gli han fatto un funerale svelto svelto ed è finita li, tanto dietro non c’era nessuno
Anzi, c'era solo Cleto, il partigiano Comandante Cipolla che di funerali non ne perde uno
col fazzoletto rosso al collo e le mani dietro la schiena.
Era rimasto solo da quando nessuno dei parenti ha voluto sapere più niente di lui,
ma credo che solo lo sia sempre stato, anche quando aveva da mantenere moglie e figli
e per la fatica da manovale trovava compagnia e consolazione
solo all’osteria della Rossa davanti a un bicchiere di vino.
Eppure con noi ha vissuto momenti di gloria
o forse eravamo noi a sentire il bisogno o il dovere di farglieli vivere.
Di notte, quando la piazza vive dei suoi abitanti migliori,
lui usciva dall’osteria della Rossa e si fermava all’angolo della piazza
ad aspettare che qualcuno di noi lo chiamasse.
Il primo che lo vedeva gli urlava “Brigantiii” e lui rispondeva “Pre-sente!”
(detto con la “esse sorda) e ci veniva incontro arrivando fino alla porta del bar,
non la principale, quella della saletta dove siamo sempre noi, ma senza entrare.
Non mi ricordo di averlo mai visto dentro, quasi avesse paura di tradire la Rossa.
Dovevamo insistere un po’ per farci raccontare le sue storie di “pugiliere”,
ogni sera uguali e diverse e, se non era abbastanza quello che aveva in corpo,
il racconto si interrompeva per secchezza alla gola,
che andava umidificata immediatamente,
ma non con le porcherie nostre (leggasi prosecco),
ma vino vero, come se dalla Rossa ci fosse una raffinata enoteca.
Una sera che ci mostrava come si spara un uppercut,
la foga superò il precario equilibrio e Briganti,
come colpito dal suo stesso cazzotto,
piombò a terra sbattendo la testa contro il piedistallo di un ombrellone, 
uno di quelli fatti con una ruota della vespa pieni di cemento
e che, in pieno inverno, chissà perché stava li fuori tra le sedie.
La testata è stata talmente forte che ci ha paralizzati,
come se l’uppercut avesse colpito allo stesso momento Briganti e tutti noialtri.
Nessuno si muove, manca il coraggio di vedere cosa è successo,
ci sveglia lui con un gemito e allora lo tiriamo su per metterlo seduto,
pochi momenti di sbandamento e Briganti è di nuovo vispo (si fa per dire) 
qualcuno commenta che il vino fa miracoli,
ma non si può mandare a casa in quello stato,
“E se stanotte gli prende qualcosa?”
“All’ospedale, va portato, all’ospedale e anche alla svelta.
Non si può aspettare che lo venga a prendere un’ambulanza
che chissà quando arriva, va portato via subito… sull’ape di Martinelli!”
Sollevato senza fatica, il magrissimo Briganti viene messo a sedere sul cassone,
legato, perché non cada e avviato al Pronto Soccorso.
Noi tutti ci incamminiamo per parlare col medico perché anche Martinelli
di solito a quest’ora ha già versato parecchio nel cassetto della Rossa.
Arriviamo all’ospedale ma l’ape non si vede,arriva dopo un po’
con un fragore assordante che rimbombando tra i vicoli della Guazza
pare voglia avvisare urbi et orbi dell'accaduto,
Briganti nel cassone ancora legato con un bicchiere in mano
e un sorriso da un orecchio all’altro.
Dice che Martinelli gli ha offerto un altro bicchiere
perché se lo ricoverano poi le suore non gliene danno più.
Invece furono dieci giorni di bellissime bevute all’ospedale,
con le suore incazzate e i medici compiacenti.
Tutte le sere gli portavamo una bottiglia di vino affinché non perdesse la virtù
e si stava con lui una mezz’oretta dopo cena,
tanto Roberto il portiere, si preoccupava solo
che la bottiglia fosse ben nascosta e ci faceva entrare.

Il giorno del suo funerale,
la sera verso mezzanotte uno, non ricordo, ma non importa chi,
entrando nella nostra saletta del bar grida :“Brigantiii”
Tutti, tutti insieme, ci alziamo in piedi
come una scena provata chissà quante volte gridando:
“Pre-sente!”
Silvano si affaccia per vedere cosa è successo e invece di dire il solito:
“Fate piano cretini” torna alle sue faccende,
c’è chi giura d’averlo sentito dire “Pre-sente!”
ma la questione è controversa e il soggetto
più volte interpellato evita di rispondere.

E stasera mi è venuto in mente lui,
col pollice e l’indice chiusi ad “o”, il braccio teso e le gambe aperte
per assicurasi un equilibrio sempre più difficile
sul lato di una piazza bagnata dall’inverno che grida la sua onestà di “pugiliere”
“ Briganti si…  brigante mai!”

lunedì 4 marzo 2013

Precetti



Precetti era un uomo non ancora vecchio, grande nel senso che era alto e grosso-
Era buono Precetti di quella bontà che si vede dalla faccia e dal culo grosso.
Ci siamo conosciuti in ospedale, in una camera a quattro in cui ero ricoverato non ricordo perché
Aveva un pigiama a righe verticali che, messo ad un uomo cosi corpulento,
lo faceva sembrare un materasso ammucchiato sopra un letto,
I nostri letti erano vicini e già dalla prima notte insonne ci si era conosciuti e ci si dava del tu,
tant’è vero che mi chiese subito se gli davo una mano ad alzarsi per andare al cesso.
La sera arrivava un inserviente della cucina e ci portava un cartoncino
dove fare delle crocette in corrispondenza ai piatti desiderati il giorno dopo;
una sera dopo aver fatto le mie croci prendo la sua scheda e leggo
Primo piatto:
Cappelletti in brodo
Ravioli burro e salvia
Cannelloni col sugo di carne
Riso in bianco
“ Ma non è possibile” mi dice, “Sta roba non l’hanno mai data”
“Domani è il compleanno del primario, toccherebbe anche regalargli qualcosa”
Gli altri due mi guardano e sorridono ma stanno zitti,
“Allora prendo i cannelloni”
“Ma ti fanno male, non è meglio due cappelletti in brodo?”
“ Si, mi sa che hai ragione fa la croce sui cappelletti”
Secondi piatti:
Fiorentina; specificare peso
Coniglio in porchetta
“ Porco d’un boia, la fiorentina!”
“Ma quanto la vuoi grossa?”
“Io qualche volta l’ho mangiata anche da un chilo”
“Mi sa un po’ esagerato, facciamo mezzo chilo”
“Fa un po’ te, ma io se ne viene di più la mangio”
Contorni
Dolce
vino
e spumante
“ Il dolce mi farà male? Perché c’ho il diabete”
“Se te lo hanno messo nella lista vuol dire che stai guarendo”
“Allora metti anche il dolce, metti tutto che son stuffo di risino e purè”
Come al solito si passa la notte quasi in bianco e ogni tanto mi parla del pranzo del giorno dopo
e gli viene il dubbio che abbia ordinato troppa roba.
“Se è troppa la lasci nel piatto, il peggio è se sarà poca”

La mattina dopo arrivano i dottori in visita
E dopo le visite a tutti quattro, quando ormai sono alla porta Precetti grida
“ Oh dottore auguri eh...
Più tardi arriva mia moglie gli dico di portarvi una coppia di piccioni
intanto auguri”
I medici si guardano senza capire a chi dice, poi il primario gli fa
“Non si disturbi Precetti, grazie ma non si disturbi”
“Hai visto che è vero che è il suo compleanno e te non ci credevi”
Dopo un po’ arriva Pasquale con la puntura
Precetti si mette di fianco con la schiena alla porta e tira giù un pezzetto di pigiama
Pasquale glielo tira giù del tutto lasciandolo col culone nudo e peloso che pare un orso,
strofina con l’ovatta gli fa la puntura e lui manco s’accorge poi gli dice
“ Precetti aspetta un attimo, non ti muovere” e va via
E’ orario di viste, la gente passa e dalla porta aperta vede l’impero di Precetti esposto
E si sentono le risa per il corridoio, poi arriva la moglie
“Tonino che ci fai col sedere scoperto”
“Aspetto Pasquale”
Lei poveretta glielo copre col lenzuolo si mette seduta di fianco e gli parla della casa,
dei figli e dei parenti che gli mandano il saluto.
Piano piano arriva ora di pranzo e lui, archiviato lo scherzo di Pasquale,
è da un pezzo che sta seduto al tavolo aggiusta la tovaglia e pulisce le posate nel tovagliolo,
quando arriva il carrello gli danno il vassoio, lui apre il coperchio e
minestrina in brodo, fettina, e erba cotta.
Lui mi guarda e mi fa “Gliel’hai detto te di portarmi sta roba?”
“No, ma mi sa che si sono scordati di mettere i cappelletti nel brodo
e la fiorentina s’è ritirata”
“ Mo va caghè burdel è tuta stanot c’hai pens” e ridiamo tutti di gusto.
Siamo andati avanti una decina di giorni a fare la commedia,
io gli leggevo il biglietto col menù e lui sceglieva
poi quando arrivava la roba si faceva finta che fosse quello che avevamo scelto
siamo arrivati perfino alla cucina francese con la soupe de poisson 
oppure les escargot a la bourguignonne
“Che roba è?” “Lumache col finocchio” “Ma le mangiano anche in Francia”
“Si, te ne danno solo sei e le paghi come fossero seicento”
“Se vieni a casa mia le ho già messe a spurgare, te le regalo”
“Si, ma vedi come funziona, da te si mangia tanto e non si paga niente,
da loro si paga un casino e si mangia poco, difatti tu sei all’ospedale e loro a casa”.
Siamo stati bene insieme, il burbero Precetti s’era squagliato
e adesso rideva anche della sua trombetta (tempo di trombina) che non andava mai bene.
Se n’è andato dopo pochi mesi
e io in questa notte d’insonnia son qui a ricordarlo.
Sono diventato amico coi figli che sono i miei carrozzieri,
Sergio che è un compagno e parliamo spesso di politica
e Mauro che di politica non gliene frega niente
e c’ha da quarant’anni la stessa  fidanzata che sta a Rimini e si vedono nei fine settimana,
ogni tanto parliamo del povero Precetti e ci facciamo due risate alla memoria.