venerdì 9 febbraio 2024

Come eravamo

 



Oggi siamo al ristorante a san Geronzio,
tre ravioli e una insalatina per il Bociolo
una bottiglia di Bianchello e una d’acqua che lui ordina
ma che non beve mai, manco un sorso, però c’ha da esse sempre.
Dopo il caffè, ma dopo parecchio, arriva la cameriera che porta il conto
e Bongo le dice di aspettare un attimo mentre noi caviamo i soldi
“Numa c’hai…”
“NO! “ e mentre lo dico, di nascosto, faccio segno col pollice
di rivolgersi al Bociolo che sta a capotavola.
“c’hai du euro da imprestammi?”
“ uno, te n’impresto uno, ma uno solo che sta storia ha da finì
qui ogni volta che si mangia t’ho da imprestà i soldi”
“Ooh migragna, a quell’antipatica di tu moglie
gli dai tutto lo stipendio e a noi che siamo amici da ‘na vita ci neghi un euro?!
E poi è vero che famo alla romana ma te mangi sempre l’insalatina”
“No, l’insalatina come la chiami te me la freghi quasi tutta
e se la voi la prossima volta la ordini”
Il Bociolo apre il suo portamonete a mezzaluna
con dentro i soldi spicci pesca la moneta con due dita
che pare non voglia venir fuori,
“Bongo dice che tocca da’ la mancia alla cameriera
Hai da tirà fori n’altro euro”
Il Bociolo s’incazza perché la mancia la diamo coi soldi suoi
alza la voce e la gente dai tavoli ci guarda
Bongo s’alza in piedi e dice a tutti
”scusate, è taccagno e non vuol dare la mancia”
Qualcuno in sala mugugna, al tavolo accanto hanno seguito tutta la scena
e si spanciano dalle risate,
Ride a crepapelle anche la cameriera che vorrebbe andar via ma la tratteniamo
io e Bongo mettiamo i soldi nel piattino dove c’è il conto
dico al Bociolo “mancano i tua”
Lui prende un euro dalla nota scatoletta di pelle e si lamenta
“Basta! con voi non si può più mangiare va a finire sempre così”.
“A casa tua non vuoi mangiare perché dici che la roba la metti solo te
allora ti portiamo al ristorante e non vuoi pagare…
sei difficile, non ti sta bene mai niente”
Bongo rincara “Hai mangiato bene, sei stato fuori da casa tua
e distante da quella rompicoglioni dovresti pagare tutto il conto
e ti lamenti per un euro in più sei irriconoscente”
Bongo incalza "siamo cresciuti insieme,
ci siamo divisi sempre tutto, perfino la merenda a scuola"
"E anche quella era la mia! testa di cazzo"
"Babbo faceva il camionista come facevo a chiede i soldi per la merenda
ma come hai fatto a diventare così duro di cuore
e pensaree che una volta ci volevamo così bene"
" Bongo basta sennò stavolta ci mena".
Ridiamo e di colpo, come un fulmine mi viene in mente
quanto sia facile essere felici se non si ha la pretesa di esserlo.

martedì 26 dicembre 2023

Vigilia

 



Quest’anno di auguri ne ho avuti tantissimi
da amici sparsi un po' dappertutto,
mi viene in mente che da bambino stasera la passavamo in duomo
a servire la messa insieme al Bocciolo e a Bongo
e non c'era nessun bisogno di farsi gli auguri tanto si era poveri insieme
e se qualcosa per miracolo andava bene a uno
sarebbe andata bene anche agli altri.
Siamo stati insieme una vita a romperci i ciglioni a vicenda
finché un giorno Bongo s'è stufato,
ha buttato la palla in tribuna e se n'è andato.

Domattina il Bocciolo mi chiamerà dal garage di casa sua
mi dirà "Ti ricordi" e farà la solita lacrima,
finita la telefonata farà qualcosa intorno a casa
per non tornare subito dentro
ben cosciente e forse perfino contento di avermi rovinato la giornata
anche se l’anno scorso gli ho urlato
che ha rotto le palle con sti ricordi, ormai siamo in due
sarà anche ora di farsene una ragione
e poi “che gusto ci provi a far star male anche me!
Bocciolo vaffanculo!"

lunedì 10 luglio 2023

Alex

 

Alex gira per il Mediterraneo e veleggia coi venti , si potrebbe dire felice di surfare sulle onde o correre inclinandosi senza pericolo assecondando il vento.
Al timone c’è una mano sicura abituata a solcare oceani ben più ampi e quando incontra un gommone pieno di persone non esita a trarle in salvo, gente disperata tra cui donne incinte e bambini, sono 46 che per Alex è un numero esorbitante ma è abituata, è il suo mestiere e la sua seconda vita, le strutture cigolano ma lei corre lo stesso, corre più veloce possibile anche perché sulla sua scia sta arrivando la motovedetta libica che riporterebbe tutti nel lager da cui quei 46 naufraghi stanno scappando.
Le vele cazzate a ferro in una bolina terribile e Alex che con la prua spacca l’onda che invade la coperta e ricade con tonfi che, seppure ne abbia viste tante, fanno paura anche a lei, una cavalcata pazza che dura 48 ore ma quando all’orizzonte si profila Lampedusa le motovedette della Capitaneria Italiana impediscono l’ingresso nelle acque territoriali.
Alex e Tommaso non hanno la capacità di comprendere tutte le leggi dell’uomo, loro conoscono quella del mare e forzano il blocco fino alle acque calme di un porto in cui tutti si possano sentire sicuri.
Ecco, la storia potrebbe finire qui, con Alex che è una signora barca Tommaso che la governa, loro due con gli 11 dell’equipaggio conoscono la legge del mare che non ha necessità di essere codificata perché tutti i marinai la conoscono e la rispettano ma il mondo non è fatto di soli marinai.
Adesso Alex è ferma, ormeggiata nel porto di Lampedusa sequestrata secondo norme in cui non crede e che sono incomprensibili a chi come lei e Tommaso sul mare ci vive, lo stesso Tommaso è indagato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina e per aver fatto “violenza a nave da guerra” come se Alex con i suoi 18 metri i lunghezza e le sue vele possa competere contro le armi che le vengono puntate contro.

Tutto questo non ci insegna niente che non sappiamo già, a Tommaso arriva una multa di 16mila euro e l’indagine che prevede una detenzione fino a 15 anni, ci amareggia però sapere che Alex è ferma, con le cime d’ormeggio tese, legata ad una banchina come un cavallo di razza chiuso in un box senza la possibilità di correre come la natura e l’uomo le hanno insegnato, l’esperienza ci dice che potrebbe rimanere lì per anni e una barca se non naviga muore con una lenta agonia.
Spero che ci sia un Dio del mare che sciolga quei nodi liberando Alex e la faccia navigare come merita anche con le onde più ripide che le mani amiche sulla ruota  le fanno risalire, cavalcare e poi scendere veloce come un gioco che solo una barca e un marinaio conoscono.




lunedì 28 novembre 2022

Madre Teresa


 

Chiara undici anni va a catechismo,
è la più grande, dopo di lei viene Claudia di due anni di meno
e infine Gabriele di sei anni, l’ultimo di una bella covata.
Un giorno Chiara torna a casa con un giornalino su cui spicca la foto
di una donna con un velo bianco bordato d’azzurro che le copre la testa
Gabriele curioso chiede chi sia, “Chi è, chi è, Chiara, chi è”
la tira per un braccio e continua a chiedere finché lei gli dice
“E’ tua mamma, non te l’abbiamo mai detto ma tua mamma è questa qui”
“No, non è vero, è brutta, non è vero!”
Claudia lì vicino ha sentito e conferma la versione di Chiara
Tra pianti e urli alla fine Gabriele si convince di quel che gli dicono le sorelle
è il figlio di quella signora che i loro genitori l’anno accolto in casa
e la sua vera madre è Teresa di Calcutta che nella sua immensa bontà
è partita per aiutare tanta gente povera
e siccome non poteva portarsi dietro un bambino piccolo
lo ha consegnato ai loro genitori
che gli vogliono bene come fosse davvero figlio loro.
Per qualche giorno la faccenda va avanti con Gabriele che piange spesso
ed è scontroso con la madre fintanto che dietro le insistenze di lei
svela il motivo di tanti pianti
“Sono stato lasciato solo dalla mia mamma”
la Merci lo coccola, gli spiega che gli hanno detto una stupidaggine
Piangono a dirotto insieme e lui fatica a crederci ma alla fine si convince.
Chiara e Claudia tornano felici da scuola e non s’immaginano
lo sgrullo di botte che le accolgono, punizioni e botte per giorni.
 
Ho saputo di sta storia da Gabriele che mentre ride raccontandola
non riesce a nascondere una emozione che va dalle guance rosse
al chinare la testa quasi a nascondersi
a riprova che certe cose vissute da bambini
anche dopo trent’anni sono ancora vive.

giovedì 29 settembre 2022

2 stent


L’imposto a 5 chilometri all’ora come al solito e parto,
per la verità è lui che parte e a me mi tocca stargli dietro.
I cinque all’ora non è tanto ma io che li faccio due volte la settimana
per un’ora di fila me li fò bastare anzi qualche volta mi sanno anche troppi
e oggi sono un po’ troppi davvero, sento un dolorino nel petto
che boh ma valà adesso passa basta diminuire un po’
metto a 3 chilometri all’ora e continuo ma no, non passa
anzi adesso si fa più forte, adesso fa proprio male meglio smettere.
Dopo la doccia chiamo il dottore che non c’è,
penso che sia una delle più importarti materie d’esame
“Come non farsi trovare dai pazienti”, al mio gli hanno dato 30 e lode.
vado dopo due giorni e mi prescrive una visita dal cardiologo,
chiamo il mio e mi fa andare subito in ambulatorio
ma dopo un quarto d’ora di bicicletta
non vede niente e mi consiglia una coronarografia.
“Non ti preoccupare, ti faccio chiamare quando è tutto pronto,
vai lì alle sette di mattina e a mezzogiorno sei a casa
non fa male, anzi il più delle volte non ci si accorge manco”
Dopo due giorni mi chiamano e quando arrivo in reparto
mi fanno spogliare e mi mettono un camicione che si allaccia dietro
con due fettucce tanto che dal mio letto vedo quelli che vanno al cesso
che hanno il culo nudo che scappa dai lembi larghi del camicione,
passano anche due signore e io mi giro dilà.
davanti a un culo ottuagenario il rispetto vince sulla curiosità,
in tutta franchezza, conoscendomi, non c’avrei giurato.
Mi passano un rasoio e mi dicono di depilarmi il polso e l’inguine.
Ho da essere capitato in un ospedale fai da te,
ai più coraggiosi li fanno operare da soli,
i  pazienti si mettono in fila e prendono le medicine che vogliono loro,
colori e forma delle pillole a piacere.
Sono le dieci e mezza, arriva il mio turno e mi mandano in una saletta
dove mi fanno salire su un letto e mi trasferiscono in una sala
con un sacco di macchine e televisori.
Un paio di infermieri mi dicono che gli servono per vedere le partite
non di calcio ma quelle di calcificazione, si ride insieme
un po’ di disinfettante, una punturina al polso e si comincia.
Mentre lavorano si parla un po’, uno dice che uno su mille non ce la fa
e ne sono usciti già 997 tutti sani e salvi:
“Vediamo di far presto che mia moglie m’aspetta davanti alla boutique
qui fuori e prima di lasciarmi ha voluto la mia carta di credito”.
Tutto fila liscio finché il dottore mi dice ch sono tutto intoppato
e vuole il mio consenso per mettere un paio di stent,
“Ochei, vada per gli stent” e lui comincia a chiedere
quelli di una misura o dell’altra, non si scherza più e a me comincia a far male
“Stia tranquillo, fra mezz’ora abbiamo finito ma soprattutto non si muova”
Fa male e non mi posso muovere, un male boia nel petto
e mezz’ora non passa mai, finiscono all’una e mezza,
per una cosina da niente mi pare di essere stato nelle loro mani anche troppo.
La sera torno a casa, giuda Marco
e mi pare che oggi sia passata la ruspa dell’ANAS a far le buche
e lui le prende tutte manco fosse pac men,
non ho mai fatto tanti sobbalzi come oggi.
Ecco, è andata così, son passate un paio di settimane
 e oggi che sto facendo il tapis roulant ai 5 all’ora
penso di assistere all’inesorabile disfacimento del mio corpo,
alla fine della mia vita che è esattamente come la volevo da giovane:
un fisico che arriva alla fine disfatto tanto che la gente non dica
“E’ morto adesso che stava tanto bene”,
voglio consumarla tutta sta vita,
odio quelli che lasciano la roba nel piatto,
l’ho insegnato anche ai miei figli
si può fare a meno di fare la scarpetta ma il piatto si riconsegna vuoto.

 

lunedì 28 febbraio 2022

Brunello

 

Finalmente abbiamo rivisto Marco,

non abbiamo fatto cena come si dovrebbe fare il giorno della vigilia

ma siamo stati insieme a pranzo

perché lui doveva tornare in Ancona entro il coprifuoco

eravamo noi, lui, la Deborina, Michele e la Giulia col padre Brunello.

Brunello, classe ’35, era professore di diritto a giurisprudenza,

mangia con noi ogni volta che vengono anche Michele e la Giulia

e quando finiamo di mangiare loro se ne vanno e lui resta

e parliamo un po’ di tutto fino a ora di cena

quando lui se ne va a casa sennò la badante s’incazza.
A sentire i suoi racconti è uno spasso,

pare che abbia fatto una vita per caso,

per caso è diventato professore perché amico di Carlo Bò,

per caso è diventato senatore perché repubblicano

e per caso è diventato Grande Oratore Morale del Grande Oriente d’Italia

(nota bene che è la seconda carica della massoneria italiana, mica bruscolini!)

per poi dimettersi ai tempi di Gelli perché ne aveva compreso il marciume
e perfino per caso è prononno di Valentino Rossi

in quanto fratello del nonno materno

e sempre per caso ha avuto un pacco di cariche nazionali
sia nella politica che nello sport.

Si parla di argomenti vecchi perché ormai di argomenti freschi,

quelli di prima mano non ne abbiamo più

(ma per lui son sempre nuovi, non si ricorda mai le cose che m’ha già detto

e io non sto certo lì a farglielo notare, sto zitto e riascolto)

e oggi era giornata di malanni, si lamentava per il mal di schiena

e del fatto che la pedicure gli prende venti euri

per tagliargli le unghie dei piedi

e si lamentava anche della badante che non glieli vuole tagliare

mentre lui non riesce a piegarsi per farlo da solo.

Poi sto mal di schiena lo preoccupa perché non si sa mai a cosa può portare

perché lui è già stato operato per un aneurisma, un tumore allo stomaco

(a vedere quel che mangia non si direbbe) cinque bay pass,
c’ha addosso un peacemaker cardiaco e un enfisema polmonare

che lo costringe ad attaccarsi alla bombola di ossigeno

un paio d’ore al giorno e proprio per questo s’è scoperto che

a settembre ‘19 quando l’hanno ricoverato per una polmonite bilaterale

poteva aver contratto il virus del covid che ancora non si conosceva.

Non è bello ridere delle disgrazie altrui ma quando diventano troppe

perdono di gravità e si tramutano sfighe su cui scherzare.

Ecco, uno che si può permettere una cartella clinica col riporto come la sua

che si lamenti delle unghie dei piedi a me mi pare mitico!

venerdì 9 luglio 2021

Zi Sterina

 
Mamma quando non aveva niente ci faceva il minestrone
ancora adesso quando lo mangio mi tornano in mente quei mezzogiorno torridi
con davanti un piatto di minestrone fumante
e lei che diceva che il minestrone “rinfresca”.
La Mirella che era sempre schizzinosa metteva le foglie delle verdure
tutte sull'orlo del piatto perché non le voleva
e zia Esterina aspettava che avesse finito poi prendeva il cucchiaio,
le raccoglieva tutte e l'imboccava
"Che brava Mirella che hai lasciato la parte più buona alla fine!"
La zia più stronza del pianeta, stavo male anche io
e la Mirella piangeva
"Dai Mirella mangiale e non piangere sennò fai piangere anche me"
zi Sterina (così la chiamavamo ) era la cugina di nonna Gemma
e siccome non aveva un cavolo da fare a casa sua
e il figlio non la voleva tra i piedi era sempre da noi.
Credo sia nata coi capelli grigi e il ciuffo fatto con la treccia dietro la testa,
aveva sempre i vestiti neri col colletto di merletto bianco che gli copriva il collo
secca che non ti dico, metteva becco su ogni cosa e rimproverava tutti
per qualsiasi faccenda non le piacesse.
La cosa bella era che quando arrivava nonno Domenico (Menchino) lei spariva
non che uscisse dalla porta, proprio si dileguava,
io e Mirella dicevamo che s'infilava su per il camino.
Nonna aveva la macchina da cucire contro la finestra che dava sulla strada
e quando arrivava ci avvertiva come se desse l'allarme "Arriva zi Sterina"
io e la Mirella che giocavamo sempre sotto il tavolo della saletta
correvamo nel cesso dove c'era una botola che andava in cantina
e da lì scappavamo dalla porta per andare nei campi D'antonio
(non è scritto male, lo chiamavamo così
perché tranne i campi di tabacco di Veleno
quel che c’era dintorno diceva che era tutto suo, D’antonio appunto
e quando mamma trovava qualcosa fuori posto e urlava "Di chi è questo?"
c'era sempre qualcuno che rispondeva "D'antonio").

Zi Sterina era come detto la cugina di nonna Gemma 
e s'era sposata con l'avvocato Domenico 
uno di quegli avvocati che non ne perdono una
tanto che al paese gli hanno dedicato una strada
"Via Domenico XXX avvocato insigne"
e quindi aveva sempre lo studio pieno di gente, 
avevano una bellissima casa sulla piazza del seminario (noi dicevamo il pretificio)
e il figlio era zio Gino che anche lui avvocato era forse più bravo del padre.
Siccome erano comunisti e non iscritti al PFN 
i fascisti gli buttarono tutti i mobili dalla finestra e ci fecero un bel falò 
ma dopo la guerra pare che parecchi facessero anticamera 
davanti alla porta dello studio per scusarsi.
Si racconta che zio Gino andasse anche a Roma a dibattere cause 
che studiava lungo il tragitto mentre Romeo della Pierina guidava la macchina.
Una volta sono andato a pranzo da zio Gino 
e quando son tornato ho detto a nonna che doveva essere davvero un gran comunista
perchè m'aveva dato da mangiare l'insalata russa che io non avevo mai vista.
Quello che ha rovinato tutto è stato il vizio del gioco. 
zio Gino giocava e parecchio al circolo cittadino 
e alla fine hanno anche perso la casa.
Quando successe zi Sterina  non c'era già più ma doveva aver capito 
che le cose non andavano per il verso giusto 
forse è anche per questo che stava sempre da noi 
e a casa sua andava solo a dormire.